19.03.2019

PER LA CGUE SPETTA AL FISCO DIMOSTRARE L’ABUSO DEL DIRITTO COMUNITARIO

Il 26 febbraio 2019 la Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE), nelle cause riunite C‑116/16 e C‑117/16, aventi ad oggetto i benefici previsti dalla Direttiva 90/435/CE (c.d. Direttiva Madre/Figlia, che prevede, in ambito UE, un regime di esenzione della ritenuta alla fonte sui dividendi percepiti dalle società madri e distribuiti dalle società figlie) si è espressa in tema di abuso del diritto UE e di beneficiario effettivo, chiarendo fino a che punto un gruppo multinazionale possa configurare la propria struttura societaria, beneficiando dell’applicazione della Direttiva, individuando il confine fra una costruzione fiscale lecita e una costruzione fiscale parimenti legale, formalmente, ma abusiva.

Segnatamente, la Corte conferma il principio generale di diritto secondo cui i singoli non possono beneficiare di un diritto o di un vantaggio riconosciuti dal diritto dell’Unione quando l’operazione de qua sia puramente artificiosa sul piano economico e diretta a sottrarre l’impresa in questione alla normativa dello Stato membro interessato e, pertanto, incompatibile con le finalità previste dalle norme medesime (paragrafi 70 e successivi e giurisprudenza citata) e l’assenza di disposizioni anti-abuso, nazionali o convenzionali, diventa irrilevante rispetto all’obbligo, per le autorità nazionali, di negare il beneficio dei diritti UE, quando invocati fraudolentemente o abusivamente.

Tuttavia, l’onere della prova ricade sull’amministrazione finanziaria dello Stato membro d’origine e richiede di accertare, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, a prescindere dal rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito dalla Direttiva non sia stato conseguito e, dall’altra, un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione per mezzo della creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento.

In tal senso, non è quindi ammessa una norma interna avente portata generale, che disponga una presunzione di frode e di abuso che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva, né tantomeno un provvedimento fiscale che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire una prova.

Per contro, la Corte ha d’altronde affermato, più in generale, che nulla impedisce alle amministrazioni finanziarie interessate di esigere dal contribuente le prove che esse reputino necessarie per la corretta determinazione delle imposte e delle tasse di cui trattasi e, se del caso, di negare l’esenzione richiesta qualora tali prove non vengano fornite.

Il nostro staff resta a disposizione per ogni eventuale chiarimento.



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